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I wanna Jam it With you: una brevissima digressione “storica" e cinque pratici consigli per partecipare ad una “Jam session” e sentirsi come a casa.

Jam Session. Croce e delizia di musicisti e cantanti.
C’è chi le vede come un’irrinunciabile esperienza di formazione musicale, chi come una semplice occasione di scambiare due note con amici e sconosciuti, e chi invece preferisce starne alla larga, considerandole un inutile spreco di tempo.
In questo caso, chi vi sta scrivendo ne è un’assidua ed entusiasta frequentatrice, che dopo aver girato i locali di mezza Roma, si è servita di questi meravigliosi eventi per trasformare il suo viaggio di nozze negli U.S.A. in una vera e propria “maratona di condivisione musicale” con gli artisti del luogo.
No, non ho intenzione di tediarvi anche oggi con il racconto della mia vita, ma visto che ho sempre mal sopportato chi pretende di dare lezioni su argomenti di cui ha sentito parlare per sbaglio dal vicino di casa al telefono, ritengo opportuno specificare che i consigli che mi sento di darvi sono il semplice frutto di una serie di considerazioni, esperienze e, soprattutto, figuracce che la sottoscritta ha sperimentato sulla propria, mai troppo dura, pellaccia.
Partiamo dunque dal principio: cosa intendiamo per “Jam Session”?
Per evitare le mia proverbiale logorrea copio qualche riga direttamente da Wikipedia:

 "Una jam session è una riunione (regolare o estemporanea) di musicisti che si ritrovano per una performance musicale senza aver nulla di preordinato, di solito improvvisando su griglie di accordi e temi conosciuti (standard). Il termine, che probabilmente deriva da "Jamu", una parola Youruba (Africa occidentale) che significa "insieme in concerto", è nato negli anni venti negli ambienti jazz, e si è poi diffuso anche nel rock e, più tardi, nell'Hip Hop. Una jam session può avere lo scopo di intrattenere un pubblico ma può anche essere un ritrovo di musicisti che hanno così l'opportunità di provare nuovo materiale musicale e mettere alla prova la loro abilità di improvvisatori in confronto con altri strumentisti; a volte è semplicemente un ritrovo sociale. Alle jam session possono partecipare musicisti di tutti i livelli e possono avvenire in locali privati o pubblici.”
E adesso veniamo al dunque: ecco cinque pratici consigli che potrebbero essere utili a chi decida di provare quest’esperienza per la prima volta.

 1) Saper scegliere

Come per ogni serata di musica dal vivo, anche per le Jam Session esiste una discreta varietà di generi musicali tra i quali scegliere, dettati, molto spesso, dalle scelte artistiche e dal pubblico del locale che le ospita.
Va da sé che il primo requisito per trovarsi a proprio agio sul palco di un evento simile è quello di scegliere la serata che più si avvicina al vostro genere musicale di riferimento: presentarvi ad una Jam Session in un Jazz club senza avere la minima conoscenza di cosa sia uno standard potrebbe essere, ad esempio, il preludio di un fallimento annunciato.
Suonerà banale, ma se non siete certi di quale sia il genere musicale proposto dai musicisti della resident band, la miglior cosa da fare potrebbe essere quella di presentarsi, la prima volta, solo come ascoltatori: siate cordiali, bevetevi una birra e “rubate” con occhi e orecchie tutto ciò che potete, cercate di fare caso non solo al repertorio che viene eseguito, ma anche al numero di brani suonati per ogni cambio palco e, con un po’ di malizia, anche alla “preparazione media” e alla cordialità dei musicisti, siate onesti con voi stessi e non scoraggiatevi se vi sentite ancora come un pesce fuor d’acqua, questa sensazione vi abbandonerà senza che voi nemmeno ve ne accorgiate, dopo un paio di esibizioni.

 2) Arrivare preparati (e puntuali)!!

Una volta finito il vostro “giro di ricognizione” e scelta la situazione più adatta a voi, cominciate a pensare ai brani che potreste prepararvi, e mettetevi al lavoro: a questo proposito ho tre raccomandazioni per voi.
La prima è quella di scegliere dei brani semplici, con una struttura lineare e pochi accordi (un’ottima scelta potrebbe essere quella di un paio di blues “classici”), possibilmente da eseguire in tonalità originale*, cosa che faciliterà non poco i musicisti che suoneranno con voi, ricordatevi che non c’è nessun bisogno di “strafare” soprattutto all’inizio!
La seconda, proprio a proposito di tonalità: abbiate cura di conoscere sempre la tonalità in cui eseguite un brano, e ricordatevi che non siete al karaoke e che chi suona con voi non è tenuto a conoscere la tonalità di partenza della base musicale sulla quale vi siete esercitati, non è divertente coinvolgere chitarristi, bassisti ed eventuali pianisti nella "caccia al tesoro" per indovinare il significato recondito di “Sweet Home Chicago + 3” o “Summertime versione Tori Amos in quel concerto del ’92” , affidatevi piuttosto ai vostri insegnanti, colleghi più esperti, o amici musicisti per sapere cosa chiedere alla band che vi sta accompagnando.
La terza è quella di prepararvi almeno il doppio dei brani che andrete a suonare (es. se lo spazio riservato ad ogni band è di due brani, preparatene almeno quattro): quest’accortezza vi sarà di aiuto nel momento in cui uno dei brani che avete scelto venga suonato da un’altra band prima del vostro turno, o che qualcuno dei musicisti sul palco con voi non conosca una delle vostre proposte. Ricordate che la prontezza di riflessi e l’elasticità mentale sono doti molto apprezzate in una serata dove molto spesso gli organizzatori finiscono per fare delle vere e proprie lotte contro il tempo per permettere a tutti i partecipanti di suonare, e tal proposito, permettetemi di far presente che molto spesso in questi eventi si suona in ordine di arrivo: la puntualità sarà dunque la vostra miglior garanzia di successo!

 3) Il temibile momento del “cambio palco”

Parlando di rapidità, mi soffermerei un istante sul momento del cambio palco: siete appena saliti, i musicisti si presentano ed insieme si decidono i brani; sì, ma quante probabilità avremmo di avere un buon rientro di suono sul palco? Ve lo svelo subito: pochissime.
Il microfono non sarà il nostro e se, magari, i più "igienisti" fra di noi non provassero grande entusiasmo nell’appiccare le labbra alla capsula dell’Sm 58 di turno contenente gli “sputazzi” di un numero di persone tale da far sfigurare anche la più spaventosa folla di un Eliotiano London Bridge, mi troverei costretta a far loro presente che, purtroppo, anche il presunto equilibrio di suoni raggiunto dalla resident band durante il soundcheck potrebbe essere ormai diventato un lontanissimo ricordo.
La parola d’ordine in questo caso sarà “equilibrio”: un rapido cenno al fonico o una richiesta gentile sono doverosi segni di rispetto per la nostra voce, ma ricordiamoci sempre che la serata non è nostra ma di tutti, e cerchiamo di arrivare preparati ad adattarci a ciò che troveremo, in fondo il nostro primo scopo è quello di condividere musica e divertirci, accontentiamoci di quel poco di ascolto in spia che siamo riusciti ad ottenere, e rimandiamo ad altre occasioni la ricerca del suono perfetto!

4) Ricordarsi che non è il nostro show privato

Stesso discorso riguarda l’atteggiamento mentre si suona: alzi la mano chi, almeno una volta, si è presentato ad un concerto preoccupandosi solo e soltanto della propria performance, senza dare troppo peso a ciò che succede intorno a sé.
Per quanto mi riguarda, se non fossi troppo impegnata nello scrivere, le alzerei entrambe.
Abbiamo scelto, per un motivo o per l’altro, di cantare, e per quanto possiamo amare la condivisione e i rapporti umani, saremo sempre preoccupati della nostra resa personale e saremo, in un certo modo, il centro stesso della nostra attenzione.
La cosa bella delle jam è che ci insegnano a separarci, per qualche momento, dal nostro egocentrismo, ci obbligano a tenere le orecchie ben aperte per capire e partecipare a ciò che avviene intorno a noi: strutture improvvisate sul momento, cenni di intesa, musicisti che si aggregano “in corsa”, osservare ed ascoltare tutto ciò che succede ci farà rendere conto che no, la musica non si fermerà al nostro primo, piccolo, banalissimo errore.
Lasciate dunque il giusto spazio ai soli dei vari strumenti, (e ricordatevi di quelle meravigliose creature che salgono sul palco accompagnati da strumenti a sei corde: sono probabilmente gli unici che, a livello di egocentrismo, potrebbero battere la reginetta della scuola al ballo delle debuttanti), cercate di capire quando è il momento di rientrare, e non abbiate paura a chiedere spiegazioni.
Ricordatevi che, nel caso in cui aveste deciso di condividere il brano con un cantante più esperto, potrete sempre chiedere di iniziare voi il brano per poi scaricare a lui la “patata bollente” del rientro dopo il solo: alcune dinamiche risultano incomprensibili se spiegate a parole, ma una volta osservata la scena vi renderete conto che è tutto molto più facile di come sembra!

5) Divertirsi, condividere e possibilmente “individuare”.

Ok, i brani sono finiti, è ora di scendere dal palco, e se tutto è andato bene ora ne cantereste volentieri altri ventisei. O magari no.
Qualsiasi sensazione questa esperienza vi abbia lasciato ricordatevi di ringraziare il pubblico, di presentare i musicisti (a patto che ricordiate i loro nomi), e non dimenticate di “individuare”, tra le persone che hanno suonato con voi, possibili “soci” per i prossimi eventi: molto spesso è proprio in queste occasioni che si formano le band!
Non abbattetevi se non vi arrivano riscontri immediati: non sempre il pubblico è così attento a tutto ciò che succede nel locale, le persone sono spesso distratte dai propri pensieri anche durante un concerto, e potrebbe volerci molto tempo prima che qualcuno si ricordi di voi. Cercate, piuttosto, di godervi il resto della serata, e ricordatevi sempre che il palco non è un telefono pubblico a gettoni: non vi è nessuna regola che vieti a due o più cantanti di esibirsi insieme se ne hanno voglia, non c'è nessun bisogno di attendere il proprio turno sostando immobili in un'improbabile fila indiana, e, sopratutto, non è assolutamente considerato disdicevole fermarsi ad ascoltare ciò che le altre persone hanno da dire!

Io mi auguro, come sempre, che la lettura di queste righe sia stata piacevole, e chissà, magari anche di ispirazione per qualcuno di voi, e vi invito a condividere le vostre esperienze ed opinioni nei commenti qui sotto (sì sono attivi, ma bisogna cliccare sul titolo del post!), ci vediamo in giro!!

Keep on Jammin’!

Sara

*piccola postilla sulle tonalità “originali”: ricordatevi che molte band hanno scritto, suonato e registrato la loro musica con gli strumenti accordati mezzo tono sotto e, a meno che non troviamo musicisti disposti a fare lo stesso (non sempre è possibile, dipende dal “settaggio” dello strumento), consideriamo sempre questa piccola distanza. Prendiamo come esempio “Little Wing” di Jimi Hendrix, quella che noi ascoltiamo nel disco, (Hendrix era solito “scordare” la chitarra mezzo tono sotto) è in Mi bemolle minore, ma con un’accordatura standard il brano suona in Mi minore, esattamente mezzo tono sopra.

Foto di Gianfranco Reversi